NURSING REUMATOLOGICO

L’infermiere analizza i bisogni, gestisce l’attuazione dei percorsi assistenziali,
di prevenzione ed educazione terapeutica

Tratto da “Il Medico di Famiglia. Igiene e Salute”. Pacific Press Publishing Association, Brookfield, Illinois, 1923 - Capitolo IX - VII paragrafo -

Il problema del regime dietetico è di grandissima importanza nella cura dell’ammalato. Secondo il modo com’è risolto, può derivarne vita o morte. Sovente il regime alimentario fa parte stessa della cura prescritta dal medico. Lo spazio non ci permette che alcuni consigli d’indole generale.
In caso di mal di capo, febbre, nausea, vomiti e mal di gola, tutti possibili sintomi di gravi malattie, è prudente di non prendere alcun cibo per dodici o ventiquattr’ore, o finché è stato chiamato il medico. Si beva a volontà acqua, fredda o calda.
Si devono evitare due estremi nel nutrire un infermo: eccesso o insufficienza di cibo. Essendo di molto diminuita l’attività ed efficacia degli organi digestivi, si devono somministrare solo quegli alimenti che meno aggravano tali organi. Quando c’è febbre è specialmente importante che si scelgano cibi facili a prendere, a digerire e ad assimilare. I cibi liquidi sono preferibili per un febbricitante. I succhi di frutta, specialmente d’arancio e di lamponi, forniscono un ‘eccellente bevanda nelle febbri acute e possono costituire il solo alimento dell’infermo per alcuni giorni. Però, nelle febbri di lunga durata, dov’è necessario supplire al deperimento organico, si devono somministrare liquidi contenenti un’alta percentuale di alimenti nutritivi. Il latte, le minestrine, l’acqua alluminata, le uova frullate con latte, le minestre di semolino, ecc. costituiranno un cibo leggero e nutritivo. Il latte contiene in giuste proporzioni ogni elemento nutritivo, è di facile digestione e si confà con quasi tutti gli stomaci. Se, per troppa acidità di quest’organo, il latte offre qualche inconveniente, vi si rimedi aggiungendo uno o due cucchiai di acqua di calce in ogni bicchier di latte.
Gli estratti di carne e i brodi , da molti ritenuti essenziali per un ammalato, sono semplicemente degli stimolanti senza vero valore nutritivo.
I cibi liquidi devono prendersi ogni due o tre ore, in quantità limitata (una tazza circa). Si beva acqua in abbondanza tra i pasti.
Se la dieta è semisolida, si mangi pane abbrustolito, con latte o salsa bianca, uova lesse, semplici dolci (uova frullate con latte e un po’ di zucchero, il tutto cotta a bagnomaria) cereali ben cotti, gelati e altri cibi leggeri e nutritivi.
La dieta del convalescente può includere patate cotte al forno, pochi ortaggi, frutte in generale (esclusi però i banani) e semplici dolci. Devono escludersi i cibi fritti e quelli di difficile digestione. Si aggiungano, poco alla volta, altre vivande, finché si ritorni al normale. Si tenga bene in mente che chi è a letto o confinato in una camera per qualsiasi ragione, non può digerire il cibo o la quantità di cibo che una persona facente molto esercizio fisico digerisce.

 

Commento
Questo ulteriore paragrafo dedicato all'alimentazione dell’infermo ci offre la visione di antiche “regole” alimentari molte delle quali restano tuttora valide e di una ormai tanto meticolosa quanto remota gestione del pasto dell’ammalato. L’immagine di un infermiere che cerca di disporre i vari piatti “nel modo più attraente possibile” appartiene ad un mondo che non esiste più. Se poi, l’infermiere come all’inizio del secolo scorso, “gustasse il cibo prima di servirlo”, sarebbe oggi certamente oggetto di un provvedimento disciplinare!
Igiene e sicurezza sono oggi certamente migliorati. Abbiamo smarrito però tanti piccoli dettagli che contribuivano a far sì che il momento del pasto in ospedale non fosse solo un atto dovuto.
Antonella Moretti