Tratto da “Il Medico di Famiglia. Igiene e Salute”. Pacific Press Publishing Association, Brookfield, Illinois, 1923 - Capitolo IX - IV paragrafo -
Un ammalato deve avere qualche cura idroterapica ogni giorno, e una lavatura al sapone ogni due giorni. Una spugnatura con acqua calda o fredda, o una frizione con acqua fredda e sale può servire per questo scopo. Siccome molti veleni sono eliminati dalla pelle, è importantissimo che questa sia sempre tenuta pulita.
Si dia tale cura idroterapica la mattina, un’ora circa dopo colazione e prima di rifare il letto, a meno che vi siano buone ragioni per darla alla sera. Se possibile, si abbiano due singole coperte destinate specialmente per coprire l’ammalato mentre gli si rassetta il letto e ventilano le lenzuola e le coperte. Si allentino queste ai piedi del letto e si tolgano, distendendole poi su sedie ad areare. Si prenda quindi una delle apposite coperte, la si distenda sul lenzuolo di sopra e, mantenendola a posto con una mano, si tiri via con l’altra il soggiacente lenzuolo. Per distendere la coperta di sotto, si faccia avvicinare l’ammalato ad una sponda del letto e si proceda come per mutare il primo lenzuolo nel rifare il letto. Il paziente vien così posto fra due coperte e corre poco rischio di raffreddarsi. Quando questo non si possa fare, si usi un vecchio lenzuolo o degli asciugamani per proteggere il letto.
Si tenga pronto presso il letto una bacinella d’acqua calda (41° C –105° Fahr.), una brocca d’acqua più calda della precedente, un largo recipiente per ricevere l’acqua usata, due pezzuole, un asciugamano ordinario e due spugnosi, sapone, forbici, soluzione con alcool al 50%, polvere di talco, indumenti e lenzuoli puliti di ricambio. Per mutare gl’indumenti all’ammalato, lo si faccia adagiare supino, colle gambe piegate; gli si tiri su la camicia fin sopra la cintola, poi, sostenendogli con un braccio il capo e le spalle, si tiri l’indumento su attorno al collo, e , dopo aver liberato un braccio dalla manica, si faccia passare l’indumento sopra la testa e uscire poi l’altro braccio dalla rimanente manica. In caso di paralisi, reumatismi o altro male affligente il braccio, si liberi questi in ultimo dalla manica, e, nel vestire, lo s’infili primieramente in essa.
La camera dell’ammalato dev’esser calda, alla temperatura di almeno 21° C. (70° Fahr.) prima d’incominciare la frizione o la lavatura. L’infermo specialmente dev’esser caldo; se è necessario, gli si metta una vescica d’acqua calda ai piedi. Gli si lavi prima la faccia, il collo le orecchie, badando che l’acqua non sgoccioli; si asciughi quindi perfettamente, e, dopo aver disteso un asciugamano sotto a un braccio, si lavi questo e la mano con acqua insaponata; si risciacqui poi con un'altra pezzuola e si asciughi. Si lavi poi l’altro braccio, indi il torace e l’addome, poi le gambe. Dopo, si distenda un asciugamano sul letto, vi si metta sopra la bacinella, e, facendo piegare le gambe al malato, vi si immerga dentro un piede alla volta. Fatto poi voltare il paziente su d’un lato, gli si lavi la schiena e le natiche con energiche frizioni circolari. Si asciughi per bene, e, in ultimo, si frizioni gentilmente la spina dorsale.
Si asciughi ogni parte per bene prima si passare a lavare la seguente. Si muti spesso l’acqua nella bacinella. Non si tralasci di lavare a fondo sotto le ascelle, nella cavità ombelicale, nella regione inguinale e fra le dita dei piedi. La lavatura non è completa se anche gli organi genitali non vengono diligentemente puliti. Se il paziente è in grado di farlo da sé, gli si dia una pezzuola bagnata perché li lavi lui stesso; se non può, devono esser lavati per lui. Il negligere ciò è mancare ad un dovere verso il malato, mancanza non affatto scusabile da un falso senso di pudore.
La schiena, le natiche e tutti i punti di maggior contatto con il letto dovrebbero , dopo la lavatura, esser leggermente frizionati con alcool. Una leggera, generale frizione con un po’ di polvere di talco è molto benefica. Finita la lavatura; s’infili, con molta cautela, la camicia pulita all’infermo e gli si rifaccia il letto.
Non si permetta che chiacchiere inopportune di visitatori stanchino il malato. Se questi è febbricitante o nervoso dopo mezzogiorno, gli si frizioni dolcemente la schiena e le gambe o gli si dia una spugnatura all’alcool. Troppo pesanti coperte possono esser causa d’irrequietezza da parte del paziente.
Si facciano i seguenti preparativi per la notte: si lavi il viso, le mani e i denti dell’ammalato; a questi preparativi notturni aggiungasi, per le ammalate, una conveniente intrecciatura dei capelli.
Se l’infermo soffre di insonnia, un pediluvio caldo può calmarlo. Gli si porga la padella per malati. Si volti poi il paziente su di un lato, e si pulisca bene il letto da ogni eventuale briciola di pane o altro. Si tirino ben distese le lenzuola e se ne ripieghino le estremità sotto la materassa. Si frizioni la schiena e le anche con movimenti circolari e, in ultimo, si lisci dolcemente la spina dorsale. Si dia un’ultima accomodatura alle coperte e alla camicia. Quindi, auguratagli la buona notte, si lasci l’ammalato solo perché possa addormentarsi.
Commento
La lettura del paragrafo dedicata ai “bagni” del capitolo “Cura degli ammalati” induce ad una serie di riflessioni. La medicina è in evoluzione continua. L’armamentario diagnostico e terapeutico dei medici si arricchisce continuamente e, al tempo stesso, molte tecniche, molti metodi e molti strumenti che hanno caratterizzato percorsi assistenziali del passato vengono abbandonati. L’immagine di un paziente che “ogni giorno” viene ad essere oggetto di una così meticolosa “cura idroponica” ci trascina in un universo lontanissimo da quello attuale nel quale il paziente è al centro di un percorso finalizzato a garantire il massimo benessere. È difficile immaginare quanti pazienti e quali contrasti abbiano visto l’attuazione di questa peculiare modalità assistenziale. La puntuale applicazione di tutte le tappe per una perfetta terapia idroponica configura uno scenario di medicina ideale dove il paziente viene trattato in modo regale. Nulla viene lasciato all’improvvisazione nella definizione del percorso di terapia idroponica. Esemplare a tal proposito è il periodo dedicato alla pulizia dei genitali: “Se il paziente è in grado di farlo da sé, gli si dia una pezzuola bagnata perché li lavi lui stesso; se non può, devono esser lavati per lui. Il negligere ciò è mancare ad un dovere verso il malato, mancanza non affatto scusabile da un falso senso di pudore”.
Il rispetto nei confronti del malato traspare da frasi, quali: “s’infili, con molta cautela, la camicia pulita all’infermo e gli si rifaccia il letto”, oppure “...si lisci dolcemente la spina dorsale” o “si dia un’ultima accomodatura alle coperte e alla camicia, quindi, auguratagli la buona notte, si lasci l’ammalato solo perché possa addormentarsi”!
Non si può non provare, ancora una volta, una qualche nostalgia ed una buona dose di rammarico per quanto si è perso, con il tempo, nel rapporto infermiere/paziente.
Antonella Moretti