Tratto da “Il Medico di Famiglia. Igiene e Salute”. Pacific Press Publishing Association, Brookfield, Illinois, 1923 - Capitolo IX - III paragrafo -
Al mattino, il paziente deve avere il viso e le mani lavati, i denti puliti, i capelli pettinati, il letto bene aggiustato e i guanciali ammorbiditi.
Quando è necessario prendere regolarmente la temperatura dell’infermo, questa va presa al mattino, prima che egli si lavi la bocca, mangi o beva alcuna cosa. Anche durante il giorno, la temperatura non va presa che quindici minuti dopo che l’ammalato ha bevuto e mezz’ora dopo che ha mangiato. Il mercurio del termometro dev’esser fatto scendere sotto al 36° C. (96° Fahrenheit) prima di prendere la temperatura. Il termometro dev’esser messo ben sotto la lingua e la bocca deve rimanere ermeticamente chiusa durante i due minuti richiesti per prendere la temperatura. Questa può essere alterata se si respira aria molto fredda o se si respira con la bocca mentre vi è dentro il termometro. Dopo usati si lavi lo strumento in acqua fredda e lo si disinfetti nell’alcool. La temperatura normale di una persona in salute è di 37° C. (98,6° Fahrenheit).
Agli ammalati in delirio o incoscienti e ai bambini non si può prendere la temperatura nella bocca; si prenda sotto l’ascella o nel retto. Quest’ultimo modo è preferibile perché dà con più esattezza la temperatura del paziente. Questi, se adulto, è fatto voltare sul fianco. I bambini invece si fanno coricare sulla schiena tenendo loro le gambe alzate. Si spalmi di vaselina il termometro e lo si introduca nell’ano, facendolo penetrare due centimetri e mezzo, per i bambini e circa cinque negli adulti. Lo si lasci per tre minuti. Si lavi, appena tolto, con acqua e sapone e lo si disinfetti con alcool. Non si usi lo stesso termometro nella bocca. La temperatura nel retto è di quasi un centigrado (mezzo grado Fahrenheit) più alta di quella nella bocca; mentre quella sotto l’ascella è di tanto più bassa di quest’ultima. Si asciughi per bene l’ascella prima di mettervi il termometro, e si mantenga questo perfettamente aderente al corpo tenendovi stretto sopra il braccio piegato lungo il fianco.
Mentre si prende la temperatura, è bene tastare anche il polso. Vi si pongano due diti sopra e se ne contino i battiti consultando la lancetta dei secondi di un orologio. Si conti per mezzo minuto e si moltiplichi per due. Si ripeta almeno tre volte l’operazione. Non vi dev’esser più di due battiti di differenza fra i diversi conteggi. La media normale dei battiti al minuto può variare da settantadue a ottanta. Ogni irregolarità nel polso dev’esser presa in seria considerazione.
Nelle malattie affliggenti i polmoni è di grande importanza notare la frequenza della respirazione. Normalmente si respira da sedici a venti volte al minuto; ma chi soffre di polmonite respira quaranta e anche cinquanta volte nello stesso periodo di tempo.
Un mezzo efficace per contare la frequenza della respirazione senza che l’ammalato se ne accorga e quindi l’alteri, è di posare un braccio sul petto e di contarne i sollevamenti mentre si fa finta di tastargli il polso. È meglio contare le respirazioni per un intero minuto.
Quando si è ammalati – più ancora di quando si è sani – la bocca può diventare un focolaio di germi. In essa vi sono sempre microbi in gran numero, e questi, insieme con le secrezioni salivari e le particelle di cibo possono formare un pericoloso strato sulle gengive e sui denti, a meno che non vengano lavati via frequentemente. I denti vanno lavati almeno mattina e sera. Occorre perciò una buona spazzola e si deve procedere con movimenti dall’alto in basso e non orizzontali. Se non è troppo debole, l’ammalato può compiere quest’operazione da sé. Gli si ponga un asciugamano sotto il mento e gli si provveda un bicchiere d’acqua tiepida, una spazzola, del dentifricio e una bacinella per ricevere l’acqua usata. Si pulisca pure la lingua – sovente patinosa – e si sciacqui bene la bocca con una speciale soluzione disinfettante.
Se l’ammalato è incapace di far questo da sé, si usino batuffoletti di cotone ben fissi all’estremità d’uno stuzzicadenti e gli si pulisca la lingua, le gengive, gl’interstizi fra i denti, immergendo il batuffolo in un apposito liquido disinfettante. Lo si scarti appena usato, cioè non lo si immerga due volte nella soluzione. Le dentiere devono essere tolte e pulite; si tengano in acqua fresca se si tolgono per tutta la notte.
Quando, nelle febbri, v’è screpolamento delle labbra e della lingua, si inumidiscano sovente le une e l’altra e si ungano le prime con un po’ di glicerina.
Non si trascurino i capelli. Questi, specialmente se lunghi e folti, non tardano ad arruffarsi. Si proceda con molto garbo per non far soffrire la paziente. Si divida la capigliatura in due e si facciano due trecce. Eccetto in casi estremi, non si lasci passare un sol giorno senza pettinare convenientemente un’ammalata.
Commento
Se i due precedenti paragrafi dedicati rispettivamente alla camera dell’ammalato ed al letto dell’ammalato potevano definirsi come delle fotografie al massimo livello di dettaglio dello scenario di degenza di un ospedale agli inizi del XX secolo, questo terzo paragrafo dedicato alla"cura dell’ammalato" ha una forza descrittiva così intensa da evocare vere e proprie scene in movimento.
Ancora una volta emerge la valorizzazione dei dettagli anche minimi. Sono cambiati gli strumenti, le tecniche ed il linguaggio ma a distanza di quasi un secolo la maggior parte delle regole di base mantengono invariato il loro valore essenziale.
L’attenzione alla persona traspare dall’ultima frase del paragrafo: “eccetto in casi estremi, non si lasci passare un sol giorno senza pettinare convenientemente un ammalato”. E’ un ottimo spunto di riflessione!